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Giovanni Manoccio è il sindaco di Acquaformosa (Cs)
Giovanni Manoccio è il sindaco di Acquaformosa (Cs)

SE FIRMOZA DIVENTA COME RIACE
Rifugiati politici armeni ad Acquaformosa
Il paese più “deleghistizzato” d’Italia

di Alfonso Bombini e Carmine Caruso

 

In principio era Gesualdo («Io sono falce, martello e stella»), simpatico vecchietto contro la Gelmini e protagonista di un piccolo miracolo insieme agli altri anziani di Acquaformosa, centro arbereshe di mille anime nel Pollino. Difficile dimenticare la storia dei nonni che tornano tra i banchi con i nipoti nel documentario “Per chi suona la campanella”.
Adesso c’è Edmond, nome occidentale, ma il suo aspetto tradisce subito la provenienza geografica: Armenia (cantata nei film di Parajanov), terra martoriata e contesa, vittima di un Olocausto meno noto ma di notevoli dimenisioni. Quello del monte Ararat (alcuni avranno visto la pellicola omonima del canadese Atom Egoyan) per opera dei turchi. “Mamma li turchi” è un ritornello che torna sul viso del secondo capofamiglia armeno. Non dice il suo nome. Diffidenza è la parola chiave di chi scappa dalla propria terra. Soprattutto se sei curdo, di quel paese che non esiste sulle cartine geografiche mentre il tuo popolo viene sistematicamente perseguitato da Ankara, Teheran, Baghdad.
L’elenco potrebbe continuare ma l’inchiostro indugia sulla nuova trovata di Giovanni Manoccio: «Due famiglie arrivano ad Acquaformosa con un progetto ministeriale. L’iniziativa nasce dopo un incontro con il sindaco di Riace, Domenico Lucano. Sono stato nella Locride tre volte e lui mi ha parlato dei suoi progetti di accoglienza sul tema dei rifugiati politici. Abbiamo collaborato anche con la Kasbah di Cosenza». Riace aveva guadagnato le cronache nazionali per aver accolto i migranti sbarcati nelle sue coste ioniche come a Badolato. Una pagina diversa e lontana dal sangue versato dalle ’ndrine, un sogno capace di conquistare il cuore di Wim Wenders, che lo ha immortalato nel mediometraggio in 3d “Il volo”. Firmoza (Acquaformosa in lingua albanese) non è da meno. Manoccio è lontano 300 km da Riace, ma in questi anni ha fatto parlare di sé allo stesso modo. Nel 2004 la prima provocazione: chiede asilo politico contro la giunta regionale di centrodestra dell’allora governatore Giuseppe Chiaravalloti. Resiste al dimensionamento scolastico della Gelmini coinvolgendo i vecchietti agguerriti e un prof del Nord e nel 2009 proclama Firmoza “Paese deleghistizzato” con un decalogo da incorniciare. «Nel nostro paese non togliamo le panchine per gli immigrati, anzi le dotiamo di cuscini. (cit.Gentilini); nel nostro paese non disinfettiamo i luoghi dove vivono gli immigrati: i nostri luoghi sono puliti naturalmente.(cit.Borghezio)». Sono le prime due righe delle tavole di Manoccio che non odia i padani. Anzi. Nel 2010 invia aiuti al Veneto alluvionato del ministro Zaia.
Ora i rifugiati armeni. Un progetto animato dai volontari (Cosimo, Antonello, Vincenzo, Maria. Giusy e Orietta) dell’associazione “Vincenzo Matrangolo”, prete (soti in albanese) ortodosso molto amato per le sue doti umane. Del resto Manoccio ricostruisce così la genesi dell’accoglienza a Firmoza: «Qui c’era un collegio e venivano ragazzi da tutta la Calabria. Noi siamo cresciuti insieme a loro e la nostra guida era padre Matrangolo, giocava a calcio con noi anche da vecchio».
Invece la piccola Srbhai lunedì scorso è andata a scuola per la prima volta. Il suo papà è Edmond, lui è stato tra i banchi di Erevan ma il destino lo ha portato in Calabria dopo una lunga Odissea nell’Europa centrale. Cristiano ortodosso, in Armenia montava tende da casa. Qui cerca un futuro per la moglie e i suoi tre piccoli gioielli. Tifa Roma ma non impazzisce per Totti. Preferisce Menez, Mexes e Borriello.
Ma non finisce qui il cammino di Firmoza. La prossima settimana arriverà una famiglia nigeriana. Forse Borghezio e Bossi dovrebbero scendere ad Acquaformosa: aria pulita, molta acqua, buon vino e un porto franco per chi scappa dalla fame e dalla guerra. Cose che succedono soltanto lassù al Sud.

(Calabria Ora, 1 febbraio 2011)